Iglesias, Cattedrale di Santa Chiara, 15 agosto 2025
Segno di consolazione e di sicura speranza
Nel cuore dell’estate, a mezzo agosto – come si è soliti dire qui – cade un delle più belle feste: l’Assunzione di Maria in cielo. Questa festa fu istituita dal Pio XII nel 1950, ma ha origini molto antiche. Qui a Iglesias in particolare, il Breve di Villa di Chiesa (1327) dedica a Sancta Maria del mezo mese di ‘gosto ben due capitoli (I, 47-48) presentando alcune minuziose prescrizioni sulla festa, che era celebrata in relazione anche con quella di Santa Chiara. Come allora, anche noi oggi ci ritroviamo attorno all’Altare, a pochi giorni dalla festa della nostra Patrona. Rinnovo i saluti a tutti e tutte voi: in particolare al parroco e ai presbiteri presenti, ai seminaristi, al Sindaco e a tutte le autorità civili e militari, alle associazioni.
Celebriamo l’Assunzione di Maria durante l’anno del Giubileo dedicato, per volere di papa Francesco, al tema della speranza. Quest’oggi vorrei brevemente mettere in relazione l’Assunzione con il Giubileo. Maria nel Prefazio di questa Messa, che riprende un’espressione della Costituzione conciliare Lumen Gentium n.68 è chiamata “segno di consolazione e di sicura speranza”.
Perché e di quale speranza si tratta? Comunemente quando noi parliamo di “speranza” intendiamo qualcosa che ci auguriamo, che sogniamo, più o meno realizzabile. Nella Treccani per esempio si definisce la speranza “Sentimento di aspettazione fiduciosa nella realizzazione, presente o futura, di quanto si desidera”. Così io potrei dire “Spero che l’anno prossimo il Cagliari vinca lo scudetto!”). In senso cristiano la speranza è ben di più: è apertura a un futuro che Dio ha promesso e che ha già in qualche modo realizzato. Si è soliti dire che è “già e non ancora”. Per comprendere possiamo fare riferirci a quanto Paolo ci ha detto nella seconda lettura: Cristo è risorto come primizia, e poi, a suo tempo, risorgono anche coloro che gli appartengono. Maria ha vissuto in piena unione a Gesù; perciò è la prima dei salvati: l’assunzione in cielo è un’immagine che significa questo, cioè la salvezza totale, completa. In Maria vediamo ciò che anche noi saremo, se restiamo uniti a Cristo. Viviamo in un mondo che spesso propone speranze fragili, illusorie. Ci fanno credere che la felicità si trovi nel possedere, nel riuscire, nell’apparire. Questo ci appesantisce: difficile essere assunti in cielo se si è pesanti. Maria, invece, indica un’altra via. Lei ha vissuto in umiltà, nel silenzio, nell’obbedienza a Dio. Perciò è “leggera” e proprio per questo Dio l’ha esaltata. L’Assunzione ci dice che la vita non finisce nel sepolcro, che non siamo destinati alla morte, ma alla gloria. Maria ha già raggiunto ciò che anche noi desideriamo nel profondo: l’eternità, l’infinito, la comunione con Dio.
Ma questa speranza non è una semplice attesa passiva. Occorre camminare, come fa Maria nella pagina del Vangelo: “In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta (letteralmente si dice “Risorta, Maria andò in fretta…”). Maria fa esperienza della Risurrezione, ci invita a metterci in cammino, come ha fatto lei, in modo particolare verso chi è nel bisogno.
Dietro indicazioni che mi sono arrivate e delle quali ringrazio, ho letto con molto interesse nel Breve (I, 49) che in occasione della festa dell’Assunta, si liberavano dalla prigione 6 uomini che avevano già scontato 8 mesi di pena e tutte le donne. In fondo è quanto il libro del Levitico (Lv 25) prescrive per l’anno del Giubileo. Il Giubileo era l’anno della ri-creazione, del perdono, della vita nuova.
Ecco il senso più profondo della festa di oggi: guardando alla nostra méta, realizzare un mondo nuovo, un modo nuovo di vivere, un mondo di giustizia, di pace, insomma il mondo che tutto sogniamo. Questa è la nostra speranza. Maria ci dice che questo è possibile in lei si è realizzato. Per questo è segno di consolazione e di sicura speranza: nella fede nella Risurrezione di Gesù, che tutto fonda, guardando a Maria proseguiamo il nostro cammino su strade nuove in questa terra, per essere assunti anche noi alla méta del cielo.