L’anno di grazia
È bello ritrovarsi insieme, stamattina, a celebrare la messa Crismale. Forse è l’occasione nella quale, durante l’anno liturgico, appare più chiaramente l’unità di tutto il popolo di Dio presente in una diocesi (ministri ordinati, consacrati/e, laici e laiche) attorno alla mensa eucaristica. Al centro della liturgia della Chiesa c’è il Cristo, il suo mistero pasquale. In modo particolare in questa Messa, noi celebriamo l’unzione con la quale il Padre ha consacrato il suo Figlio, costituendolo Messia e Salvatore. Cosa significa questo per noi? Vorrei rispondere proponendo tre brevi riflessioni.
- La prima: nella pagina del Vangelo Gesù proclama e realizza la profezia di Isaia, con la quale il profeta annuncia la liberazione di Israele e il suo ritorno in patria. Un’epoca nuova, una vita che ricomincia. “Lo Spirito del Signore è su di me, mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato ad annunciare le bella notizia ai miseri…a promulgare l’anno di grazia del Signore” (Is 61, 1-2). Dio si china e ricomincia daccapo con ciascuno di noi, con la nostra Chiesa di Iglesias; ci libera e ci ridona vita. È Cristo, l’unto di Dio, che inaugura e realizza l’anno di grazia. Letteralmente il testo dice “l’anno gradito, favorevole, accettabile”. È Gesù che lo regala anche a me, adesso. Davvero per me quest’anno – di più – questo momento che sto vivendo è quello favorevole? Come e perché?
- Possiamo così compiere un secondo passo: quest’anno in modo particolare è l’anno “favorevole e gradito”. Per me in modo particolare è l’anno in cui ho ricevuto ciascuno di voi come nuovo compagno di viaggio. Per tutti e tutte noi è l’anno del giubileo, nel quale riceviamo in dono gratuito la misericordia di Dio; ci incontriamo col Suo amore che sempre e tutto perdona; tocchiamo con mano la tenerezza della Sua fedeltà. L’anno in cui da parte nostra ricominciamo daccapo, mettiamo da parte la vita vecchia – con le sue logiche di rivalità e di potere, di interesse, di comodità e di affermazione personale – e abbracciamo la vita nuova in Cristo, vivendo l’amore e il dono; soprattutto affidandoci all’amore fedele del Padre, che vuole il nostro bene per ciascuno di noi e per la nostra Chiesa e ci dona “una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto” (Is 61,3).
- Da qui l’ultima riflessione, che riguarda il compito affidato a tutti/e noi, la nostra testimonianza: siamo chiamati a vivere e testimoniare il dono d’amore di Dio che genera vita; per questo siamo stati unti come cristiani e come ministri dell’Unto e della Chiesa. L’olio – come ben sappiamo – era usato come medicina che lenisce, sana e fortifica, per sfuggire alla morsa del nemico durante le lotte e per consacrare i rappresentanti di Dio sulla terra, in modo particolare i re, i profeti e i sacerdoti. Quest’olio ci fa cristiani – per così dire – “nuovi Cristi”: non suoi sostituti ma sua presenza sacramentale, unti come Lui per proclamare l’anno favorevole e gradito. “Nuovi Cristi” sì, ma restiamo sempre “poveri Cristi”: umani deboli, bisognosi e mendicanti del suo Amore. Mai dimenticarlo: siamo dei “poveri Cristi”. Abbiamo bisogno di essere sanati, fortificati, consacrati continuamente e di sfuggire alla morsa del Male che continuamente è presente anche nella nostra vita.
Come pastore di questa Chiesa in questa occasione dico a tutti/e: grazie per quello che fate e per la testimonianza che offrite! Se sembra che le forze vengano meno e non ce la facciamo più, non scoraggiamoci: il Signore dona sempre e a tutti “l’olio di letizia”. Ringraziamolo per quest’anno favorevole, lasciamoci abbracciare dal suo amore misericordioso e testimoniamo che Egli ci libera e ci ri-dona vita: una vita nuova che sconvolge i criteri e le categorie umane ma risponde alle nostre aspirazioni di giustizia e di felicità. Insomma: una vita nuova in un mondo nuovo. È l’anno di grazia!