17/04/2025 – Messa in Coena Domini

Iglesias, Cattedrale di Santa Chiara, 17 aprile 2025

La Pasqua del pellegrino:
con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano

È la Pasqua del Signore! La Chiesa non limita la celebrazione della Pasqua a un solo giorno. La Pasqua caratterizza e fonda ogni nostra celebrazione. In modo particolare contraddistingue le celebrazioni di questi tre giorni: è la Pasqua del Signore (Es 12, 11)! Seguendo quanto i vangeli sinottici ci narrano, la cena di Gesù con i suoi discepoli avviene in occasione della Pasqua ebraica. Per questo la liturgia nella prima lettura ci ha narrato le indicazioni per la celebrazione della pasqua ebraica, nella quale si mangiava l’agnello: “Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore! (Es 12,11). La Pasqua del pellegrino, che deve essere pronto a uscire e camminare! Così è per noi, in modo particolare durante questo giubileo che fa di noi “pellegrini di speranza”. Del resto, Pasqua, significa passaggio. Da cosa e verso? Come avviene questo pellegrinaggio? Vorrei sottolineare due movimenti che sono presenti nelle letture di oggi.

  1. Dalla schiavitù alla libertà. Il popolo è schiavo in Egitto. È il Signore che decide di liberarlo e di ricominciare d’accapo (“questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi Es 12,1). Questo però non può avvenire senza la collaborazione di ciascuno che deve essere disponibile a mangiare in fretta, a equipaggiarsi adeguatamente e partire. Per noi vale altrettanto. Oggi non siamo meno schiavi rispetto al passato. Magari non ne siamo consapevoli, ma lo siamo; non schiavi politicamente, ma ci sono tante cose che ci tolgono la libertà: quali? Cosa vuol dire per me avere i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano? Cosa devo lasciare in terra d’Egitto?
  2. Un secondo passaggio è presente nella pagina del Vangelo. Inizia in modo solennissimo: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine… sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola…(Gv 13.1-3). È l’inizio della seconda parte del Vg di Gv. In queste poche righe si riassume quanto detto prima: è venuta l’ora decisiva; si tratta di amare in maniera definitiva, autentica. Gesù ha coscienza di essere il Figlio di Dio, Dio come il Padre; sa che il Padre gli ha messo tutto nelle mani. In una parola: Gv descrive così il Dio glorioso. Ma come vive questa gloria? Anche lui si cinge la veste, si spoglia e si fa pellegrino. Verso dove? Verso i piedi degli apostoli. Ha “tutto nelle sue mani” e sceglie di avere i piedi degli amici! Dalla gloria del Padre, dall’onnipotenza di Dio ai piedi dei fratelli. Inginocchiato davanti a loro. È il pellegrinaggio che Dio fa e che chiede a noi. Presa coscienza della nostra dignità di figli, metterci ai piedi degli altri. L’amore che necessariamente diventa servizio. L’amore senza servizio è solo sentimento. Il servizio senza amore è schiavitù. La Pasqua ci libera da tutto questo. Possiamo metterci ai piedi degli altri proprio perché per primo Gesù ha fatto questo.

Così possiamo essere pellegrini di speranza: se con i fianchi cinti, i sandali ai piedi e il bastone in mano, siamo disponibili a lasciare le nostre schiavitù, dalle quali è il Signore che ci libera; se, viviamo la nostra dignità di figli di Dio mettendoci ai piedi dei fratelli. In questo modo ci può essere ancora speranza nel mondo: fondata sulla liberazione di Dio, la speranza ci porta all’amore per gli altri, a compiere la Pasqua, il passaggio da una vita incentrata su noi stessi a una vita che si fa dono.