Iglesias, Cattedrale di Santa Chiara, 19 aprile 2025
Con le donne pellegrini verso la Vita
“Con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano” (Es 12,11) ci siamo fatti pellegrini, giungendo ieri fino alla croce, insieme col discepolo amato. Oggi compiamo un’altra tappa: arriviamo fino al sepolcro. È “il primo dei sabati” come dice letteralmente Lc: il sabato, giorno della grande festa; questo è solo il primo; ormai il tempo è come un unico grande giorno, perché c’è la salvezza, c’è la vita: d’ora in avanti sarà sempre e solo “sabato”, il giorno della festa con Dio. Protagoniste del racconto sono le donne. Perché loro? La loro testimonianza non era valida. Alcuni padri della Chiesa dicono: “Per rimediare al primo peccato, compiuto da una donna, Eva”. No: il Vangelo di Lc dice che erano state loro le ultime ad abbandonare Gesù. Lo avevano seguito non per interesse personale, non come i discepoli per “fare carriera”. Già precedentemente Lc aveva detto che lo seguivano per servirlo (Lc 8,3). E lo avevano fatto fino alla fine, osservando da lontano il sepolcro insieme con Giuseppe d’Arimatea (Lc 23,55-56). Così si concludeva il racconto della Passione che è stato proclamato domenica scorsa. Le donne si erano già fatte pellegrine e ora riprendono il loro cammino. Questo è caratterizzato da due coppie di verbi. La prima: “Trovarono” e “non trovarono” dice Lc. Cosa trovano? Il sepolcro. Letteralmente il “luogo del ricordo”. Le donne entrano in questo luogo. L’uomo ha un constante ricordo della morte. Tutto ciò che fa, anche inconsciamente, lo fa per rispondere a questo. Uno dei primi segni di civiltà è proprio l’uso del sepolcro, che manifesta la coscienza di dover morire. Ma davanti a questo ricordo, ecco l’altro verbo: “non trovarono”. Trovano quello che non si aspettano (la pietra rotolata), non trovano quello che si aspettano (il corpo). Avevano un’unica certezza: è crollata anche quella! Sono perciò perplesse, confuse (“in aporia”, dice Lc). Sono anch’esse prigioniere del sepolcro. La nostra vita è così: troviamo quello che non ci aspettiamo e non troviamo quello aspettiamo. Il nostro pellegrinaggio terreno rivive tutto questo: avanziamo verso il grande giorno, trovando e non trovando; avanziamo a volte incerti, confusi, perplessi. Chi e che cosa seguire? Le nostre paure o il desiderio di vita? Il nostro volto come quello delle donne si china per terra… e così si vede solo la polvere!
Allora avviene il grande annuncio dei due angeli: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è stato svegliato!”. Come averne una prova? Qui troviamo l’altra coppia di verbi, questa volta tutti e due al positivo, senza negazione. Gli angeli dicono “ricordate”. Guardate alla vostra vita, all’esperienza che avete fatto. Da Lui avete avuto amore, è stato l’amico fedele! L’amore non può che essere fedele e eterno! Ri-cordate, ri-portate al cuore non la morte ma la vita che avete vissuto e capirete che è vivo! Capirete che se tutto finisse nel sepolcro la vita sarebbe un grande inganno; Dio sarebbe il più crudele dei padri! Ed esse “ricordarono”. Questo è il problema nel nostro pellegrinaggio: ricordare la fedeltà di Dio. Non credere semplicemente a un passato, con i suoi fantasmi che riemergono, ma – sulla base di quanto abbiamo vissuto – che Gesù è vivo, presente, oggi! Volevano evitare i cattivi odori, avranno molto di più. Gli aromi erano fatti da loro; poca cosa rispetto a quello che ha fatto Dio: ha rovesciato il macigno, ha svegliato la Vita. Non si può avere speranza senza credere la Risurrezione. Siamo prigionieri delle nostre piccolezze come le donne; auguro a tutti voi di fare la medesima esperienza e lo stesso pellegrinaggio: entrare nel sepolcro, ricordare l’amore di Dio e capire che è Egli è vivo…e così poter sperare e vivere una vita nuova!