Il messaggio del vescovo Giovanni Paolo per la Santa Pasqua 2020

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Se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo

Santa Pasqua 2020. Il messaggio augurale alla diocesi del vescovo di Iglesias

+ Giovanni Paolo Zedda

È risorto, non è qui!”: è l’annuncio che riceviamo nella veglia pasquale. È il messaggio più importante per noi cristiani e per ogni uomo: la morte è sconfitta, per sempre!
Ma credere in quest’opera che Dio compie per noi nel suo Figlio Gesù non è cosa facile.
Lo afferma con chiarezza anche la pagina evangelica del giorno di Pasqua (Gv 20), riferendoci l’esperienza di alcuni discepoli: Maria Maddalena “vede”, ma non riesce a capire e pensa al furto del corpo di Gesù; Pietro “osserva” la tomba aperta, le bende e il sudario per terra, ma resta perplesso. Una tomba vuota non può da sola essere segno indiscusso di risurrezione.
E non basta nemmeno l’annuncio degli angeli: “è risorto, non è qui”.
Sì, ma dov’è?
Occorre un cammino di ricerca. È necessario “correre”: come Maria Maddalena che “corse” (v.2) da Pietro, dalla Chiesa; come Pietro e l’altro discepolo che “correvano insieme” (v.4).
Bisogna “correre” ed è necessario “vedere” (vv.1.5.6). Ma non basta ancora.
L’evangelista dice che solo “l’altro discepolo, quello che Gesù amava” (v.2), “vide e credette” (v.8). E ci rivela anche la ragione per cui è difficile credere: “Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè Egli doveva risorgere dai morti” (v.9).
La Scrittura: ne avevano parlato i Profeti, l’aveva detto tante volte Gesù stesso, ma i discepoli “non comprendevano queste parole, e avevano timore di chiedergli spiegazioni” (Mc 9,32).
Anche per ciascuno di noi è così. Dobbiamo saper cercare, dobbiamo osservare e accogliere la realtà della nostra vita, anche quando fatichiamo a darle un senso, quando in essa vediamo solo un’assenza di Dio, anche quando sentiamo solo il suo silenzio.
Non dobbiamo fermarci. Il Signore ci chiama continuamente a fidarci di Lui: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno” (Lc 24,7). Non possiamo restare, come i discepoli di Emmaus, “stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!” (Lc 24,25).
Anche in questa Pasqua 2020, che ci è concesso di celebrare senza la possibilità di esprimere esteriormente la nostra fede se non in casa, uniti solo spiritualmente alla comunità dei credenti, noi dobbiamo saper accogliere e riconoscere la realtà del mistero pasquale di Cristo.
È un messaggio duro – ma è l’unico messaggio sicuro – quello della Pasqua: la vita nasce dall’accettazione del dono di sé a vantaggio dei fratelli e con ubbidienza fiduciosa nell’amore del Padre: “Bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria” (Lc 24,26).
Se abbiamo capito questo e ci apriamo alla fede nella Pasqua di Gesù, col suo aiuto possiamo anche noi passare dalla morte alla vita in ogni momento, anche nell’angoscia di questo tempo di incertezza.
Lui ci ha insegnato ad essere partecipi della sofferenza di tanti fratelli, vicini alla dedizione di chi lotta per la guarigione dei malati, di quanti si impegnano a garantire i servizi sociali più necessari. Lui ci spinge ad affrontare con coraggio e con speranza – quella speranza che “non delude” (Rm 5,5) – il disagio del cambiamento di abitudini e l’ansia per le conseguenze economiche e di insicurezza nel lavoro che potranno derivare da questa improvvisa emergenza che ha colpito l’umanità.
Non è facile. Abbiamo bisogno di un conforto che ci dia speranza. E talvolta può sembrarci che neanche la nostra fede risolva i nostri problemi. In realtà essere credenti non ci dà qualcosa di più, ma di diverso. Non siamo persone più tranquille, più forti e più garantite di chi non crede.
Ma fidarci di Gesù risorto ci dà la possibilità di vivere la nostra esistenza nell’essenzialità: sappiamo che veniamo dall’amore di Dio e che andiamo verso il suo amore, quello che nella Pasqua di Gesù si manifesta pienamente e senza limiti. Sappiamo di non essere orfani, abbandonati a noi stessi, nemmeno nei momenti in cui, come Gesù in croce, ci viene da urlare “Dio mio, Dio mio, perché?” (Mc 15,34).
In questo tempo sentiamo soprattutto i segni della Sua passione, ma sappiamo bene, come ci insegna l’Apostolo Paolo, che “se moriamo con Lui, con Lui anche vivremo, se perseveriamo, con Lui anche regneremo” (2Tm, 2,11).
Buona, santa Pasqua di Risurrezione!