2 febbraio, Giornata della vita consacrata

La celebrazione con il vescovo Giovanni Paolo alle ore 17.00 nel santuario della B.V. del Buon Cammino

Foto di Maruf Bijoy da Pexels

Il coraggio di osare

di Madre Diana Papa
Sorella Povera di S. Chiara della Fraternità del Monastero S. Nicolò di Otranto

Il 2 febbraio la Chiesa celebra la Giornata mondiale della vita consacrata. È un’occasione, non solo per ringraziare il Signore per tale dono, ma per ricordare anche ai credenti che alcune persone nella Chiesa sono chiamate da Dio ad essere segno, vivendo nella quotidianità secondo le promesse battesimali. È anche un’opportunità per chi è consacrato/a, per rivisitare la propria fedeltà a Dio, individuando ciò che nel quotidiano allontana dall’essenziale, quando si perde di vista la meta.
Come noi consacrati/e stiamo vivendo questo tempo?
A volte diamo per scontato che ogni giorno cerchiamo il volto di Dio nella nostra vita, nella fraternità, nelle comunità ecclesiali, per le strade del mondo, soprattutto nei luoghi di marginalità. In realtà, confondendo il pensiero con l’agire, talvolta ci rintaniamo nelle nostre sicurezze e, adeguandoci alla mentalità odierna, difendiamo il nostro orticello attraverso la ricerca del protagonismo e del benessere a tutti i costi.
Non mancano le corse per essere presenti ai vari appuntamenti. Spesso crediamo che stilando programmi, organizzando convegni, incontrando altri individui per discutere, si risolvano i problemi. In realtà manca la consapevolezza che tutto accade davanti al Signore e che, fondando la nostra vita in Lui, possiamo veramente incontrare l’altro, ascoltarci e rimanere sempre in relazione.
In questo tempo di smarrimento dell’umanità, che tocca anche la vita consacrata, è urgente rivisitare i motivi che ci hanno condotto ad aderire a Cristo, per portare alla luce le radici del carisma e vivere oggi con fedeltà il Vangelo.
Come possiamo abitare il futuro, senza un previo discernimento personale e comunitario che aiuti ad interrogarci oggi sul carisma che ci è stato donato, a fissare i suoi fondamenti, a chiedere allo Spirito di individuare le coordinate essenziali del progetto che ha affidato realmente ai nostri fondatori?
Bisogna, di tanto in tanto, fermarsi, per favorire con altri/e la condivisione, il confronto, l’enucleazione degli elementi essenziali del proprio carisma che dicano la relazione con il Signore oggi, l’individuazione dei segni della presenza di Dio nella propria e altrui vita, nella comunità, in ogni ambiente, per poter cogliere la bellezza della storia di tutti gli uomini e donne del nostro tempo abitata da Dio. Il percorso, frutto di una ricerca non ideologica ma evangelica, fedele alla meta da raggiungere, permetterà di realizzare ancora una volta, attraverso il sì a Cristo e al Vangelo, il progetto che rende riconoscibile il Signore, soprattutto laddove la sua presenza non è familiare o sconosciuta.
In questa esperienza di pandemia, che sembra mandare tutti in confusione, non abbiamo bisogno di programmare il futuro, ma di raccontarci come stiamo vivendo Dio oggi, per aprire nuovi percorsi.
Se l’essenza del nostro cammino di fede è la relazione con Dio rivelato da Gesù Cristo, oggi siamo chiamati ad impegnarci a concretizzare la vita evangelica nella compagnia degli uomini e delle donne del nostro tempo. Siamo inviati dallo Spirito, in fedeltà al proprio carisma, a far toccare in ogni momento la prossimità del Signore nelle relazioni a qualsiasi livello, a “diventare interlocutori sapienti che sanno riconoscere le domande che Dio e l’umanità ci pongono” (Vultum Dei quaerere, 2), mentre rimaniamo connessi con Lui e con l’umanità.
Ci consacriamo a Dio perché ci chiede costantemente di seguirlo da persona libera di tutto, perché Gesù sia conosciuto ed amato.
Quante energie perse quando perdiamo di vista la meta, quando mettiamo al centro il nostro pensiero, il nostro agire, i nostri sentimenti…il nostro io e non Dio!
Abbiamo bisogno di rispolverare la reale identità personale e comunitaria, perché appaia che il volto proprio e altrui si specchi in quello di Gesù, di consolidare il senso della nostra esistenza, per vivere il Vangelo senza sconti, di sentirci appartenenti al popolo di Dio, testimoniando la reale scelta del dono costante di sé, di curare le relazioni ad ogni livello, per dire con la vita che si può essere sorelle e fratelli con tutti.
Che cosa ci aiuta oggi a ritrovare la freschezza evangelica che faccia vedere Dio e solo Lui in ogni istante e in ogni ambiente in cui ci troviamo, vivendo profondamente relazioni umane che riflettano la presenza del Signore?
Il 2 febbraio allora può essere non un anniversario, ma una tappa per fare con il Signore il punto del proprio cammino nella Chiesa, in comunità e con le persone del nostro tempo.

Fonte: SIR